martedì 18 dicembre 2018

DICKENS Nell'inverno di una notte del mattino con la bruma che dal mare risale sempre in città t'ho visto abbarbicato di rosso arancione di fianco al camion che spazza via dalle nostre strade quella nefasta residuale sporcizia quotidiana e come un lampo la tua voce mi ha rincorso e allora l'apparizione è stata completamente totale con l'abbraccio del ricordo di allora ci siamo riconosciuti grati al tempo passato nello scambio di libri come d'usanza facevo alla fine di ogni anno: e mi sei apparso così miracolosamente natalizio avvolto da un'aurea certa e fatata. (Ancona 19 dicembre 2018)

domenica 18 marzo 2018

Carlo Colognese incontra l’autore del Capitale in questo episodio della serie Interviste impossibili , colloqui con personaggi iconici del passato pronti a rispondere a domande dettate dalla sensibilità e dalla curiosità di oggi. http://mymeantime.it/index.php/2018/03/17/ben-tornato-moro-un-fantasma-si-aggira-sulleuropa/
http://mymeantime.it/index.php/2018/03/17/ben-tornato-moro-un-fantasma-si-aggira-sulleuropa/

sabato 24 febbraio 2018

Da "Ex Libris" recensione di "L'invidia di Aristotele ovvero della vir-tù (femminile)", affinitàelettiveedizioni, Ancona 2017 di Maggie Van Der Toorn Essere femmina. Mai come ora sento questo “essere femmina” che pervade il mio corpo e la mente. Sono consapevolmente donna, persona in una bolla di autenticità e mi sento ricca di emozioni e vibrazioni. I pensieri scorrono nelle vene in maniera dolce e pacifica, non più caotici e senza senso, perché tutto ha un senso, un perché. A volte basta poco, ma veramente poco, uno piccolo sforzo e un po’ di coraggio per lasciarsi guidare verso una visione totalmente diversa dal vortice in cui ci si trova. Ho letto un libro: L’invidia di Aristotele ovvero della virtù (femminile) di Patrizia Caporossi. E questo libro mi ha donato una proiezione sulla logica cognitiva del pensiero, donandomi così la libertà necessaria per poter procedere. Ovvero, in termini aristotelici, la systasis o synthesis, quell’assetto costitutivo e strutturale, grazie al quale ogni evento, pur tragico, o grazie alla sua tragicità, riesce a costituirsi come uno spazio capace di condurre a rappresentazione ciò che non è nell’ordine del rappresentabile. Perché sono in ballo le stesse categorie logiche per quel dato cognitivo e decifrabile con le parole, assumendone appunto la logica e questo vuol dire che, pur dando valore all’esperire specifico vissuto, bisogna farne tesoro e arrivare così a capire non per mera e fredda logica e neanche solo tramite una sola esperienza diretta. Impadronirsi di uno spazio proprio tramite l’intelligenza del cuore. E’ questa una delle tante riflessioni di cui scrive nel suo libro l’autrice di L’invidia di Aristotele ovvero della virtù (femminile). Staccarsi dai stereotipi che impongono un obbligo, creato precedentemente nella storia dell’uomo, e trovare attraverso le proprie forze l’eccentricità della fisicità femminile. L’autrice illustra in maniera diretta e chiara come una debolezza, con il passare del tempo, possa rigenerarsi individualmente ed estendersi fino a diventare una qualità per far crescere nuove radici cosmiche. E così, nello stesso tempo, forma e contenuto si fanno tutt’uno per un’intelligenza del cuore “che non è una qualità biologica, ma è un regalo che ci ha fatto la storia, una storia per noi [donne] durissima. Sempre mani femminili hanno curato, portato alla vita, accompagnato alla morte, lavato, pulito, riordinato qualsiasi disastro della storia. Tutto questo lavoro non è mai stato sacralizzato come avrebbe dovuto, non ha significato una nobile investitura, ma la costrizione alla servitù. Siamo state serve per secoli e secoli, ma questo ci ha fornito di un’umanità speciale, che non può prescindere dai corpi, dai corpi vivi, dai loro bisogni e necessità. Difficile legare l’intelligenza del cuore alla morale, a ciò che è giusto o ingiusto. Questo libro mi ha aperto una visione più ampia, ma soprattutto più luminosa e comprensiva, sulle differenze tra i sessi. Imporre, voler cambiare o sforzare identità naturali è una realtà alla quale nessun individuo, uomo o donna che sia, se nonché per sua esplicita volontà, dovrebbe sottostare. Sono i fattori naturali a farne da padrone ciclico, null’altro. Tuttavia, attraverso un’onda libera di desideri mentali, si costruisce un bisogno corporeo di una valenza reciproca che include la tradizione del dominio. L’autrice offre una panoramica sulle virtù della radice e sul pensiero moderno all’interno del cerchio aristotelico che induce alla superiorità di un unico strumento. Che farne si chiede Patrizia Caporossi a questo punto e risponde al suo stesso pensiero nelle pagine seguenti, mostrando una crisi contemporanea delle strutture della stessa modernità che si evolve nella psiche umana. Ed è lo stesso psiche che cerca lo scambio in un confronto necessario per sentire l’autonomia e l’identità che prendono in consegna la storia, fondersi e costruirne la forma. Un libro scritto con una saggezza universale, coerente alle teorie esistenti con chiari riferimenti a testi e pensieri filosofici, estraendone il proprio. Diviso in sette capitoli che accompagnano il lettore con ritmo leggero verso la coscienza dell’essere femminile e quella virtù tanto bramata nella società degli uomini. Un quadro completo, legato all’immaginario del corpo, a quello materno, della mammella appunto con la matrice della vita.
https://www.ultimavoce.it/invidia-aristotele-patrizia-caporossi/

giovedì 22 dicembre 2016

TANTA VITA TANTA STORIA
Nell'accumulo esistenziale quasi ingordo anno dopo anno si innesta il nostro tempo e se l'eternità c'appare ormai una banale chimera di gioventù s'apre una dimensione piena come un uovo quasi soffocante di gesti forse ripetitivi soprattutto durante le festività in cui si vorrebbe cedere all'attimo fuggente e invece il peso di ciò che è stato nel bene e nel male d'accumulo di tanto pure nel poco spesso inevitabile e il pensiero (s)fugge là dove tutto scomparirà in un altrove e solo chi resta potrà essere prodromo certo di vita solo prossima.

lunedì 19 dicembre 2016

IN O UN FINALE Qui diventa vitalmente denotativo, come una pietra miliare, riconoscere il timbro poetico del proprio Sè, anche quando sepolto e mai interrogato, ma sempre tratteggia la nostra strada con segni tutti da (ri)prendere e (ri)scoprire così quotidianamente nel lavoro minuto del cesellatore o meglio del restauratore. Perchè lì c'è scritta quella vita che si fa e che si scopre esistenza pur singolare ma speculare alla specie, nella dimensione culturale e sociale allocata: per segni indelebili anche quando (permangono) invisibili alla coscienza, anche per chi ne trascura la valenza compositiva. In questo senso gli umani compiono, vivendo, la loro opera d'arte come i mortali omerici cantati in espliciti volumi epici. (p. 85 in "L'invidia di Aristotele ovvero della vir-tù (femminile)", intr. di Arianna Fermani, affinità elettive editore, Ancona dicembre 2016). Foto storica: Roma 1948