martedì 4 gennaio 2011

Libera-mente

“Un giorno ho ascoltato una donna di Mantinea…” (Platone, Simposio, 201)

La presenza di Diotima è assenza nel contempo: non può, infatti, partecipare al banchetto. Tutto ciò che si sa di lei lo espone Socrate, che è il personaggio principale del dialogo platonico. Si tratta di un pranzo di soli uomini, i quali, finito di mangiare, come d’usanza, si intrattengono a tavola a sorseggiare vino, centellinandolo, mentre parlano piacevolmente fra loro, dell’amore, quasi in confidenza, resi così disinibiti, come solo il vino spesso aiuta a sentirsi. Diotima non poteva che essere assente in quanto esclusa come tutte le donne da luoghi e momenti prettamente maschili. Ma, non è un caso che Platone senta il bisogno di introdurre un personaggio femminile, pur impossibilitato a esserci, per difendere la natura, la bontà e la verità dell’amore: la scienza di Diotima è, infatti, quella del sapere erotico. D’altronde, il campo della sapienza non è tutto nella classificazione tra sapere e non-sapere, tra scienza e ignoranza: c’è anche quel modo di conoscere il vero senza poterlo dimostrare (Simposio, 202 A), una sorta di dotta ignoranza, afferma la studiosa Luisa Muraro, difficile a essere ascoltata e capita, quasi senza le parole per essere detta. Questo passaggio serve per cogliere, intanto, che amare è cercare di stare in equilibrio tra felicità e infelicità, tra perfezione divina e pochezza umana: quasi su un filo teso da quel desiderio che continuamente cerca quel che manca al cuore, all’anima. L’amore è così desiderio senza possesso, è mancanza che agita e mobilita, è passaggio, tensione tra toccare il cielo con un dito e sprofondare nella polvere. Per questo l’amore è un particolare sapere che, quasi approfittando del suo mancato possesso della verità, si fa mediatore tra scienza e ignoranza, perché ne vive la condizione necessitante. (...) La mancanza è la coscienza della finitezza umana e la capacità di viverla in prima persona perché questo, solo questo, permette l’apertura, la disponibilità a ricevere, ad accogliere, a dare per per-donare sé e gli altri. Perché amore è scambio ed elevazione. Perché dove c’è difetto, qualcosa in noi chiede di essere sanato e completato. E allora, forse in Platone, l’amore si fa poros, passaggio, verso il Bene sommo, eterno e immutabile. Ma l’amore è anche determinare l’apertura, il passaggio per fare entrare e av-venire alla vita l’essere stesso, come gli uomini e le donne sanno fare. Così inizia il mondo vitale degli esseri umani, scrive Luisa Muraro, tutti nati da donna, da un corpo ineluttabilmente femminile. Per questo Diotima diventa nel dialogo la fonte necessaria per dar conto dell’amore e con esso della vita a cui inevitabilmente tutti gli umani tendono. (Ancona, marzo 2007)