domenica 18 dicembre 2011

EUDEMONIA nella DIAPHORA

"L'odio/è il rifiuto totale,/assoluto,/definitivo dell'altro./Di tutto ciò/che l'altro fa,/pensa, sogna, è" (Liana Millu, scrittrice antifascista, partigiana italiana). Nel capovolgere la portata storico-politica della cultura dell'odio, che così si è incarnata nella vicenda umana, non si può non passare attraverso la propria coscienza per capire che è un processo che ci chiama-per-nome e a cui non si può prescindere dal mettere in discussione pratiche e pensieri quotidiani. Non si tratta di un nutrimento a momenti o in determinate circostanze, ma è una chiamata potente e continua. Assume il volto dell'altro partendo dal nostro-essere-altro e passa attraverso le azioni quotidiane, da quelle di routine, a cui distrattamente non fare (più) caso, a quelle straordinarie che in certe occasioni sentiamo importanti. A chi giova l'una tantum? All'inedia dello statu quo, sotto la copertura che tanto è impossibile vincere le forze del male ed essere quella goccia di memoria teresiana nel mare oceano può non servire o scomparire nel vortice dell'impotenza. Ma, è qui l'alibi della violenza che si incunea come fosse necessariamente vitale tanto che la si usa a paradigma basilare per quanto naturale, dando scacco a quella ratio di cui invece si fa uso per potenziarne gli effetti, come il 900 ci ha mostrato: dal genocidio passando per Hiroschima alle torri gemelle. Tutto compreso tutto giustificato. Chiamiamoci per nome: noi vivi che alla luce di ogni alba la vita accoglie. Solo nel gesto della propria responsabilità la coscienza nutre se stessa e il mondo del senso del dono, come vitale fonte energetica della reciprocità dello scambio nella relazione fondamentale per un'ecologia della mente. Nutrito così il Sè può non eludere più se stesso e l'altro e vivere senza (magari solo) predicare la possibilità di fondare modi di essere limpidi, chiari nel rispetto e nella reciprocità, perchè solo la convivialità permette la convivenza sull'unico pianeta disponibile tra specie e generi diversi o meglio differenti (da diaphora, appunto) costitutivamente e necessariamente. "La strada della farina porta sempre al mulino" (proverbio pashtun). Ogni nostro gesto si fa qui testimonianza umana: comunque e sempre.