giovedì 3 novembre 2011

Il dritto e il rovescio

Sta lo sguardo fisso  a cercare là dove,  forse,  l’impossibile preclude.   Da bambina ricamava su  fogli di carta e spesso si interrompeva, catturata com’era dal rovescio di quel ricamo, là dove i fili mostra(va)no un intreccio disordinato.  Sembrava un’indecenza quel palesare i fili interrotti, le devianze necessarie, i nodi ricorrenti e lo scambio di colori,  profuso e confuso. Niente più c’era della geometria del dritto, perfetta di quell’equilibrio a punto croce,  teso a immobilità plastiche quasi eteree. Certo, la consegna assolta le permetteva l’ubbidienza premiata e così inconsapevole che del disegno solo il segno ne acquisiva il possibile e leggibile senso. Preso il modello, l’ armonia si mostrava  ogni volta  così  ristabilita.  Ma,  forte l’attrazione andava là,  in quell’altrove nascosto e indecente:  lì sapeva di esserci o meglio si trovava quasi a proprio agio. Oggi, quella bambina non ricama più,  ma ha appreso la lezione del ricamo o meglio cerca di farne sua la sostanza per sapere chi siamo e cosa vogliamo. Eccola che avanza: mentre gli altri dormono tranquilli e sereni, la Verità, comunque, incalza visibile ai suoi occhi e si pone manifesta, anche quando, o Italia dei miei stivali,  tutto sembra alla superficie normale. La nostra storia non è in vendita, non è vero ciò che appare. Anzi,  è proprio là dove la vita combatte, sommossa nella piena del tempo, demistificando la pretesa del progresso, crescita e sviluppo illimitato. Lo sguardo del rovescio ne racconta di  Verità! E noi siamo questa:  null’altro possa apparire certo  nella narrazione  identitaria del  Sé.